Netlogy – Filologia applicata
(come smascherare le fake news con metodi filologici?
Proprietà intellettuale del progetto di Carla Rossi)
Il Research Centre for European Philological Tradition offre dal 2020 un programma di formazione rivolto ai giornalisti e a tutti gli interessati nell’ambito delle soft skills. La proposta innovativa di RECEPTIO si concentra in particolare sul potenziamento di un nuovo ambito di studio: la Netlogy (Filologia applicata ai testi che circolano in rete). Attraverso attività didattiche mirate e pratiche laboratoriali, ci si pone l’obiettivo di fornire agli interessatigli strumenti indispensabili per l’analisi dei meccanismi di trasmissione, manipolazione e falsificazione delle informazioni online e per la verifica dell’attendibilità delle stesse. La portata innovativa del corso è legata, in particolare, all’applicazione pragmatica del metodo filologico, grazie all’unione della solidità scientifica e delle pratiche storicamente consolidate della filologia con i social media e le nuove tecnologie digitali. Saranno approfondite questioni di cogente attualità, come la creazione, la diffusione e l’accreditamento di fake news, ma si offrirà anche un metodo rigoroso per il fact checking e per il debunking.
Il corso può essere attivato, a seconda delle esigenze dell’istituzione richiedente, in presenza, per via telematica oppure in modalità mista.
Il metodo filologico è, innanzitutto, prima ancora che una tecnica, un atteggiamento, un modus vivendi et operandi che permette al filologo di gettare uno sguardo critico su tutto ciò con cui siamo confrontati.
Lorenzo Valla, dimostrò, nel 1440, tramite un’analisi filologica, la falsità della famosa Donazione di Costantino, Erasmo da Rotterdam applicò il metodo filologico alle Sacre Scritture, scoprendo diversi errori nelle traduzioni dall’aramaico al greco e dal greco al latino. Quindi, il metodo filologico è (secondo la definizione classica) quel complesso di indagini che mirano a riportare un testo alla sua forma originaria (liberandolo da errori e rimaneggiamenti), a interpretarlo, a precisarne (quando vi siano dubbi) l'autore, il periodo e l'ambiente culturale; un metodo applicato all'ambito di verba (parole) e/o res (fatti), che implica una ricerca paziente della verità, a partire dai piani microstrutturali del sapere che permettono di rettificare, e a volte di sovvertire, i massimi sistemi, attraverso distinte fasi di lavoro sui testimoni (di un testo manoscritto o a stampa). Il filologo è, quindi, un vero e proprio paziente investigatore: deve capire se il testo che analizza è “autentico” (dell’autore o dell’epoca a cui convenzionalmente lo si attribuisce) oppure chi, tra i suoi testimoni, sta dicendo una o più ‘bugie’.
Una grande, importante utilità della filologia consiste in questo: che essa educa tecnicamente la disposizione critica dell'uomo. La filologia stessa non è altro che critica; ad ogni passo essa ha bisogno dell'intera critica, e solo nella filologia viene la critica esercitata nella sua interezza. Il fine della filologia è la storia.
Friedrich Schlegel
(Zur Philologie, 1797-1798)
Filologia [...] è quella onorevole arte che esige dal suo cultore soprattutto una cosa […] lasciarsi tempo, divenire silenzioso, divenire lento, essendo un'arte e una perizia di orafi della parola, che deve compiere un finissimo attento lavoro e non raggiunge nulla se non lo raggiunge lentamente. Ma proprio per questo è oggi più necessaria che mai; è proprio per questo mezzo che essa ci attira e ci incanta quanto mai fortemente nel cuore di una epoca del 'lavoro' , intendo dire della fretta, della precipitazione indecorosa e sudaticcia, che vuole sbrigare immediatamente ogni cosa, anche ogni libro antico e nuovo: per una tale arte non è tanto facile sbrigare una qualsiasi cosa, essa insegna a leggere bene, cioè a leggere lentamente, in profondità, guardandosi avanti e indietro, non senza secondi fini lasciando porte aperte, con dita e occhi delicati.
F. Nietzsche, Prefazione ad Aurora (1886)
Viviamo un’epoca definita di "post verità", o post-truth, termine usato per la prima volta, stando all'Oxford Dictionary, nel 1992 dalla rivista statunitense The Nation, in un articolo sullo scandalo Iran-Contra e sulla prima guerra del Golfo. Se il filologo è un investigatore che cerca lentamente, minuziosamente, la verità e che ha imparato ad applicare un procedimento grazie al quale, nel momento in cui interroga i testimoni e analizza gli elementi a sua disposizione, scova l’errore e individua chi ha manipolato la fonte, ne consegue che il metodo filologico può essere applicato, ad esempio, per smascherare, alla Valla, le cosiddette bufale o “fake news”.